Napoli e la papirologia
Napoli è da sempre una città importante per i papiri e per la scienza papirologica: presso il Museo Archeologico Nazionale è conservata la Charta Borgiana, il primo papiro ufficialmente arrivato in Europa, un rotolo di 12 colonne e mezzo che fu acquistato nel 1778 da un mercante europeo presso Gizah, nella regione dell’antica Menfi, il quale lo inviò al Cardinale Stefano Borgia. Si tratta di un papiro documentario che conserva un elenco di uomini, provenienti da Tebtynis (distretto dell\’Arsinoite), impegnati in lavori di canali e dighe a Ptolemais Hormou nel 193 d.C. Dopo alterne vicende, seguite alla morte del Cardinale Borgia nel 1804, il papiro fu acquistato da Gioacchino Murat nel 1817 e conservato presso il Real Museo Borbonico di Napoli.
Due rotoli documentari latini datati al VI e al VII secolo d.C. e copiati a Ravenna, sono conservati presso la Biblioteca Nazionale di Napoli. Il primo papiro conserva la registrazione nei cosiddetti gesta municipalia di Siracusa di una donazione di terre fatta dal re Odoacre al vir inluster Pierio ed è datato al 489 d.C. Il secondo è un atto di vendita di un terreno paludoso che apparteneva alla chiesa di S. Anastasia di Ravenna. È stato scritto nel 551 d.C. ed è firmato da 19 sacerdoti. L’elemento più interessante è il testo di questo secondo papiro, scritto oltre che in latino anche in Goto.
La stessa Biblioteca Nazionale di Napoli conserva anche un papiro greco-egizio proveniente, con ogni probabilità, dalla località di Thmouis. Ma la collezione più importante è senza dubbio quella dei papiri carbonizzati ritrovati in una Villa ercolanese tra il 1752 e il 1754 e sepolta dall’eruzione del Vesuvio del 79 d.C., probabilmente appartenuta alla famiglia romana dei Pisoni. Essi sono attualmente custoditi presso la Biblioteca Nazionale di Napoli e conservano opere di filosofia ellenistica, prevalentemente epicurea, ma anche stoica. È presente una ottantina di rotoli latini (degni di nota i frammenti di un carme De bello Actiaco). L’autore maggiormente rappresentato è l’epicureo Filodemo di Gadara, amico di Lucio Calpurnio Pisone Cesonino e conosciuto, prima dei papiri di Ercolano, solo per una serie di epigrammi tramandati dall’Anthologia Palatina. Di lui ci sono giunti, attraverso i papiri ercolanesi, i frammenti di alcune decine di opere non pervenute dalla tradizione medievale. Senza dubbio l’opera più importante conservata dalla biblioteca ercolanese è il Περὶ φύϲεωϲ di Epicuro. Fino a oggi sono stati ritrovati frammenti estesi dei libri II, XI, XV, XXI, XXV, XXVIII e XXXIV. Dopo l’interesse suscitato al momento della scoperta e una significativa attività di decifrazione e studio avviata in epoca borbonica dall’Accademia Ercolanese e proseguita, tra la fine del XIX e l’inizio del XX secolo grazie all’intervento della moderna filologia europea l’attenzione su questi testi era sensibilmente diminuita. Nel 1969 si costituì a Napoli il Centro Internazionale per lo Studio dei Papiri Ercolanesi (CISPE), per iniziativa di Marcello Gigante (al quale è stato intitolato dopo la morte), con il duplice intento di collaborare alla ripresa dello scavo della Villa dei papiri in Ercolano e di promuovere il rinnovamento dello studio dei testi. Oggi il CISPE bandisce borse di studio per giovani ricercatori, pubblica una rivista (Cronache Ercolanesi) e una collezione di testi epicurei (La Scuola di Epicuro). Il Centro è anche promotore del catalogo on-line dei papiri ercolanesi Chartes (www.chartes.it).